Olivia Laing – Viaggio a Echo Spring. Storie di scrittori e alcolismo

Viaggio a Echo Spring di Olivia Laing. L’ho letto perché mi piaceva l’idea: un viaggio nell’alcolismo attraverso l’esperienza diretta di alcuni scrittori, ricostruita dall’autrice. C’è però più di una cosa che non va in questo libro, anche se alcuni aspetti sono riusciti.

Laing inizialmente menziona una lista ampia di scrittorɜ maschi e femmine che notoriamente hanno avuto grossi problemi di dipendenza da alcol. Poi però dice che parlerà soltanto di alcuni scrittori maschi, per ragioni autobiografiche che chiarirà più avanti (o almeno così promette). Questa è stata una delusione per me, perché il cliché dello scrittore alcolizzato lo conosco bene e mi sarebbe piaciuto che venisse intervallato dall’introduzione di figure meno scontate, che non vengono evocate spesso quando si tratta l’argomento. Cita Marguerite Duras e Patricia Highsmith, sulle quali avrei davvero voluto sapere di più in questo contesto.

Laing seleziona invece una serie di personaggi che finiscono per sovrapporsi: Cheever, Hemingway, Berryman, Williams, Fitzgerald, Carver. Alcuni sono dei doppioni perché hanno storie troppo simili. Laing dal canto suo non fa un gran lavoro per approfondire perché sia interessante proprio il fatto che le loro storie siano somiglianti. Ci prova, ma rimane sempre troppo in superficie, che è il problema generale del libro.

Un altro difetto è la linea che sceglie di seguire. Spesso si limita a un semplice racconto biografico. Ma se si volesse approfondire la vita di Hemingway, di cui parla parecchio, penso che sia reperibile letteratura più pertinente. Laing mischia il suo discorso sull’alcolismo a una serie di nozioni vaghe sulla vita di alcuni di questi scrittori. Penso che sia caduta nella trappola di cercare le motivazioni del loro alcolismo andando a esaminare la loro storia familiare, ma il risultato è mediocre.

Un’altra questione è quella famosa promessa sul perché non potesse parlare delle donne alcolizzate. Laing rivela di avere avuto problemi familiari che hanno segnato la sua infanzia perché la compagna della madre era un’alcolista che si comportava in maniera violenta con la famiglia. Ma poi la storia muore lì, non viene esplorata per più di due o tre pagine tra l’inizio e la fine del libro. Al suo posto, Laing inserisce delle sezioni tediosissime sul suo viaggio nei luoghi abitati dagli scrittori da lei scelti. Solo che non c’è nulla di interessante nelle sue riflessioni e nel tentativo di reportage che viene fuori. Sono parti inutili, uno spreco di pagine che allungano un saggio che poteva cavarsela più agilmente.

Non mi è piaciuto come Laing butta lì la sua storia personale per poi ritirarla subito, senza farla entrare nel racconto. Avrei letto volentieri le sue riflessioni autobiografiche, al posto di questo cincischiare attraverso gli Stati Uniti. Magari non era pronta per parlarne, ma allora avrei preferito che lasciasse totalmente fuori il discorso su di sé e che non comparisse nemmeno come personaggio, perché il risultato è appena abbozzato. Se ben realizzata, la sua presenza sarebbe stata un bel punto di accesso al romanzo perché poi per il resto i personaggi di cui parla sono respingenti, non è davvero possibile empatizzare con loro: Laing li descrive per lo più come uomini boriosi che hanno inflitto la loro malattia a tutte le persone che li circondavano senza farsi troppi scrupoli al riguardo. In quel senso, ho apprezzato che l’autrice descriva Hemingway come uno che alla fine era in perenne negazione della propria dipendenza, ridicolizzandone il machismo. Anche su Carver si mostra adeguatamente impietosa, sottolineando come lo scrittore scaricasse la colpa del suo alcolismo sui suoi bambini.

John Berryman

Delle storie (a volte molto noiose) sui vari autori, ho gradito soprattutto quella di John Berryman perché è sintetica e orripilante, non risparmia i lati più imbarazzanti della dipendenza, descritta senza fronzoli o elucubrazioni sterili. Funziona perché lascia a noi la possibilità di farci un’idea sulle conseguenze del suo alcolismo.

Il libro è squilibrato, però ho comunque apprezzato un’intenzione che Laing ha portato fino fondo: decostruire il rapporto stereotipato tra alcolismo e creatività, non romanticizzando mai il modo in cui la dipendenza ha interagito con la scrittura di questi uomini.