Vigdis Hjorth – Eredità

eredità vigdis hjorth copertina libro recensioneQuella di Eredità è una storia in prima persona che parla delle conseguenze esistenziali di alcuni grossi traumi familiari. Vigdis Hjorth lo fa con uno stile che ricalca lo schema del pensiero ossessivo, evidentemente ispirato a un percorso di analisi. L’ho iniziato quasi per caso e dopo qualche pagina mi è venuto un dubbio: questo romanzo è stato basato su eventi autobiografici? Ho fatto una ricerca e ho scoperto cose che hanno reso tutto ancora più interessante.

L’autrice Hjorth è una scrittrice norvegese di discreta fama nel suo paese, patria di Karl Ove Knausgård e dell’autofiction che ha segnato lo scorso decennio. Il romanzo di Hjorth rientra pienamente in quest’area, anche se la scrittrice ha dichiarato che non si tratta di un romanzo autobiografico; ma la sua famiglia ha reagito molto male alla pubblicazione, dal momento che contiene tantissimi particolari presi dalle loro vite reali e che non dipinge queste persone/personaggi in modo positivo (anzi). La sorella di Vigdis, Helga, ha addirittura pubblicato un “revenge novel” dove racconta la storia dal suo punto di vista (la protagonista è traumatizzata perché sua sorella ha pubblicato un romanzo in cui parla di lei e del resto della famiglia).

Il romanzo mantiene la sua promessa di farci ficcare il naso nei fatti privatissimi di una rispettabile famiglia borghese. Si apre con una lite tra familiari per questioni di denaro, che presto rivela casini di ben altra portata. È un viaggio nella mente di una persona devastata dal trauma, preda dell’ansia, stressata da continue pressioni sociali.

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È anche un racconto estremamente fazioso e manipolatorio, ma Hjorth è davvero brava e ha calibrato quasi tutto molto bene. Qualcosa però non torna: la protagonista a volte attua comportamenti abusanti, che riporta con dovizia ma proponendosi sempre come giustificata dal suo ruolo di vittima. Sono azioni collegate alla sua ubriachezza perpetua (non viene mai usata la parola “alcolismo”, anche se la condizione è volutamente descritta in maniera riconoscibile) e i suoi gesti non sono mai filtrati attraverso lo stesso sguardo critico che viene invece dedicato a tutto il resto della famiglia. È sempre colpa degli altri, ma non c’è uno spazio per esaminare questo aspetto.

eredità vigdis hjorth copertina libro english recensionePenso che alcune omissioni siano funzionali a rendere realistico il suono dell’io narrante, a portarci nella sua dimensione interiore tutta concentrata sul difendersi e attaccare chi la tormenta. Mi è però a volte mancata una misura più obiettivamente autocritica. Alla fine il romanzo è una lunga arringa per trascinarci dalla parte della protagonista, ma non c’era bisogno: è facile crederle, non serve accanirsi contro la madre e la sorella. Quando emette la sentenza verso i suoi familiari alla fine del libro, è evidente una dissonanza tra i fatti presentati e le riflessioni condivise (riporta una lettera ricevuta e poi quando la riassume con parole sue ne distorce il significato); però lo spunto non viene esplorato, per cui rimane il dubbio che sia un espediente involontario. L’io narrante glissa il più possibile su se stessa, dando pochi cenni biografici per rendersi meno criticabile mentre accusa gli altri. L’impressione che trasmette è di una persona che chiede l’empatia con una pistola puntata alla tempia ma non sembra sempre intellettualmente onesta.

Penso che in un certo senso tutto questo faccia parte del meccanismo del romanzo, che funziona quasi perfettamente. Ci porta là dentro, al centro di queste ansie, del suo dolore, dei conflitti. Ho apprezzato moltissimo lo stile, il ritmo avvolto su se stesso che però non diventa mai noioso grazie a un editing fenomenale che spezza continuamente tutto in micro-capitoli che rendono il libro davvero leggibile nonostante la pesantezza del contenuto.

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