Lisa Tuttle – Il profumo dell’incubo

Il profumo dell’incubo è una raccolta di racconti notevole. L’ha scritta l’autrice di weird e horror Lisa Tuttle ed è stata pubblicata dalle Edizioni Hypnos. La collezione segue una progressione cronologica, partendo da una storia del 1980 (la più debole) e arrivando fino al 2017. Ho trovato però una grande coerenza di temi e stile. I racconti sono stati scelti da Tuttle stessa, sottolineando la peculiare caratura di weirdness del suo lavoro. Le storie sono validissime sotto qualsiasi punto di vista, mi ha però impressionato il modo in cui parla di alcune specificità dell’esperienza femminile in chiave horror.

Una delle caratteristiche che mi hanno fatto amare queste short story è come sono strutturate. Il formato è più o meno sempre lo stesso, una ventina di pagine nelle quali Tuttle non si prende mai più tempo del dovuto. Non hanno il ritmo sospeso di certe opere di literary fiction che finiscono per farmi incazzare perché non vanno troppo oltre allo studio del personaggio. Tuttle fa sempre un passo in più, lei ti racconta una storia. Ed è sempre una storia inquietante con degli aspetti sovrannaturali, ma in un certo senso riguarda anche te per come sono universali gli elementi che va a evocare.

Condivido i miei appunti sui singoli racconti:

La casa degli insetti – Non l’ho apprezzato granché come apertura della raccolta anche perché contiene una scena di stupro di cui avrei fatto a meno.

Il nido – Qui c’è un’immagine che mi rimarrà in mente, quella di una persona in piedi davanti un nido gigantesco che occupa tutta la soffitta di casa propria. Ci sono tante sfumature di orrore nell’idea di una creatura che parassita casa tua. È una sensazione come di uncanny valley architettonica, quella di una costruzione caratterizzata dal suo essere animale e non umana. Il nido del racconto è sproporzionato, la sua grandezza lo rende ancora più incomprensibile e minaccioso.

Il volo per Byzantium – Inizia a far capolino un tema ricorrente, quello in cui la scrittura stessa fa parte della storia. Sbirciando poi le notizie sulla vita privata di Tuttle ho capito meglio alcune delle vicende che ha usato per i suoi personaggi. In questo caso allude soprattutto alla sindrome dell’impostore contro cui lotta chi vuole portare avanti la propria opera.

A cavallo dell’incubo – Qui per me il libro ha svoltato. Tuttle parla della maternità come potenziale terreno di ansia e contrattazione per una coppia. Fruga in alcuni angoli bui senza farsi problemi a chiamare in causa aspetti difficili di argomenti delicati. Qui parla di aborto spontaneo come una sorta di maledizione, ma lo fa dal punto di vista di una donna che di questa maledizione in un certo senso gode.

La ferita – Qui la sorpresa è legata a come funzionano sesso e gender nel suo universo narrativo. Quando incontro storie che usano certi meccanismi mi interrogo sempre per capire se per caso ci sia qualche contaminazione TERF in mezzo. Questo testo secondo me ne è privo. Tratta una visione tetra del vivere come persone “socializzate come femmine”. Il punto del racconto è mostrare come il genere assegnato alla nascita sia qualcosa che viene imposto alle persone. Qui viene messo in scena con un espediente da narrativa fantastica che restituisce proprio quel senso di imposizione. Come spesso accade con le sperimentazioni letterarie femministe su questi argomenti, mettete in conto che il modo in cui parla di “essere una donna” potrebbe suonare stridente a una sensibilità del 2021, specie in ottica transfemminista (è stato pubblicato nel 1987).

Sostituti – In questo racconto c’è un’altra immagine weird che mi è rimasta impressa, quella di una creaturina indefinibile che può provocare tenerezza oppure orrore in base a chi la guarda. Tuttle lavora attorno a questa dicotomia e ancora una volta gira parte del discorso verso una rilettura allucinata del vissuto gendered.

L’uomo di cibo – Corpo, sesso e disturbi alimentari in una dimensione horror surrealista.

Lisa Tuttle con George R.R. Martin

L’ora in più – Weirdness spazio-temporale con una scrittrice divisa tra la famiglia e la necessità di trovare spazio/tempo per il suo lavoro.

La mia malattia – Storia incentrata sulle relazioni, con un twist alchemico e una strana versione di body horror legato alla gravidanza. Mi ha ricordato Ted Chiang, che però ha pubblicato successivamente a Tuttle.

Sogni nell’armadio – Questo penso che possa avere ispirato il film Ghostland di Pascal Laugier.

Gli oggetti nel sogno potrebbero essere più vicini di quanto sembrano – Infestazione della memoria per una coppia ormai divorziata. Terrore legato al territorio.

Il libro che ti trova – Di nuovo, siamo nella zona dell’autobiografia letteraria sulla scrittura. Si parla di competizione interna a una coppia in cui è lei ad avere più successo. C’è uno scrittore misterioso che aleggia sulla storia come ispiratore oscuro e catalizzatore degli eventi. Rilevante sapere che Tuttle è stata assieme a due scrittori piuttosto noti: uno è George R.R. Martin, con cui ha scritto Windhaven, e l’altro Christopher Priest, con cui è stata sposata per qualche anno.

L’ultima sfida – Un terrore dell’infanzia che riemerge dalla memoria di una donna che si avvicina alla terza età.

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