Kristen Roupenian – Cat Person

Cat Person Kristen Roupenian recensione 02Cat Person è la raccolta della scrittrice americana Kristen Roupenian uscita per Einaudi (titolo originale You Know You Want This). Roupenian ha riscosso un grande successo grazie al racconto che dà il titolo al libro, uscito sul New Yorker alla fine del 2017 e diventato virale. Coglieva lo spirito del tempo (l’esplosione del MeToo) e innescava reazioni, a volte scomposte – come tutto ciò che riguarda questioni spinose su sessualità e consenso, specie se espresse da una voce femminile – pur non essendo una “narrazione militante”.

Il racconto che l’ha resa celebre è effettivamente molto bello, ma è il libro nella sua interezza ad avere le qualità che più mi intrigano. Per cominciare: è scritto da dio. Di solito quando leggo una collezione di short story contemporanee (magari a metà tra literary fiction e realismo magico, come alcuni di questi racconti, un po’ alla Kelly Link ma meglio), sento la frase “Master di scrittura creativa americana” che mi rimbomba nel cervello, staccandomi dalla finzione. Con Roupenian non mi succede, perché scrive troppo bene. Non è solo lavoro di lima – che c’è, lasciando fuori l’inessenziale – ma anche la peculiare qualità di tutto quello che include: c’è sempre qualcosa di storto, una suspense sottointesa, intrisa nel ritmo del racconto e nelle sue immagini, un senso di precarietà stranamente godibile, un bell’umorismo. Anche nei racconti più comunemente “literary fiction” c’è un marchio horror, che è difficile trovare in questa misura (di solito c’è il timore di venire etichettati come scrittori di genere, credo, ma a lei sembra non fregare nulla, anche se ho intravisto critiche negative proprio per questo). È uno dei rari casi in cui mi spiace che il libro non sia più lungo.

Cat Person Kristen Roupenian recensione 04

Cat Person Kristen Roupenian recensione 04La HBO sta sviluppando una serie antologica da questa raccolta, adattata da due sceneggiatrici di The Leftovers. Mi è esploso il cervello: mi ero chiesta varie volte, mentre leggevo, come sarebbe stato vedere questa roba sullo schermo e se era davvero possibile tradurla in linguaggio visivo e performativo con la stessa potenza – è difficile, ma sono fiduciosa. Come se non bastasse, la A24 starebbe sviluppando una sceneggiatura HORROR di Roupenian (il primo acquisto di uno spec script da parte della compagnia). Spero che sia tutto vero e che vada tutto in porto. Comunque sia, già solo con questi racconti Roupenian è irreversibilmente entrata nel mio immaginario pop.

Roupenian, da questa intervista: «There was also a review that just came out today — and I don’t know if it’s bad form to quote your own reviews — but the person did say something that I thought was really right, which is that the usual virtues that fiction tends to promulgate, which are the virtues of empathy and self-consciousness and self-awareness, the book spends a lot of time showing how those can be just as easily tools for exerting power and control. We have this knee-jerk adoration of empathy, but empathy is not simply a virtue; empathy involves trying to figure out what other people are thinking and responding to that, and that can actually lead you in a terrible direction. Being self-conscious or self-aware won’t necessarily lead you to act well. It could just as easily lead you to be great at justifying your bad behavior».

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